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venerdì 11 agosto 2017

recensione | I PASSI CHE CI SEPARANO

Buongiorno lettori avidi!
 Il romanzo che vi recensisco oggi mi è stato regalato attraverso un giveaway, nell'ormai remoto 2016, quando ancora ero attiva sui vostri bei blogghettini e venivo continuamente estratta a sorte per ricevere i premi dei concorsi! Fortunella che ero! Questo concorso l'aveva indetto Anna del blog Appunti di una giovane reader e, nonostante il tempo passato, le sono immensamente grata per questo bel romanzo!!! 💗



I passi che ci separano di Mirian Izaguirre pubblicato da Sperling&Kupfer nel febbraio 2016 traduzione a cura di Giulia Zavagna Pagina: 355 Genere: Romanzo letto in formato cartaceo


 



SINOSSI
Trieste, anni Venti. La bora, che sferza Trieste in certi periodi dell'anno, è un vento pieno di passione, violento e fugace, che piega i corpi e trasforma gli animi.
Salvador e Edita si conobbero lì un giorno di primavera del 1920, spinti dalla bora l'uno verso l'altra. Lei era nata a Lubiana e lui a Barcellona. Avevano vent'anni, l'età della follia. Ma Edita, bella e timida, era sposata e aveva una figlia, mentre l'unica cosa che possedeva Salvador era il suo lavoro nella bottega di un grande scultore, e il desiderio infinito di avere successo nella vita. Il vento sconvolse per sempre le loro esistenze, l'amore abbatté tutti i confini e le convenzioni. 
E solo la Storia, con la sua ferocia, avrebbe potuto dividerli.Barcellona, verso la fine degli anni Settanta. Salvador, ormai vecchio, vuole tornare a Trieste, dove aveva creduto di poter essere felice. Insieme a Marina, la giovane donna che lo accompagna, Salvador fa un viaggio nella memoria, raccontando del suo antico amore: di un parco in riva al mare, di lenzuola stropicciate e corpi abbracciati la mattina tardi, di un'attesa lungo i binari della stazione, di una colpa terribile e di un capolavoro del Rinascimento. 
Delle persecuzioni e dei segreti che si porta dietro da cinquant'anni. È un viaggio lungo, e ogni passo è importante. Perché è un passo in cerca del futuro.





Trieste gli era completamente sconosciuta, per fortuna.
Era la sua porta d'accesso al futuro.
A volte tentava di immaginare come sarebbe stata la sua vita se avesse scelto Firenze. Ma scelse Trieste.
E lì c'era Edita. Un giorno di vento.

Salvador è un giovane artista, apprendista nella bottega dello scultore Spalic. Con Edita, donna sposata con una bimba di pochi mesi, inizia una relazione tormentata. Lui uno spagnolo venuto a Trieste per seguire il suo sogno. Lei una slovena trovatasi per caso a Trieste per seguire il marito. Una giornata ventosa li fa incontrare e avvicinare all'ombra di una città degli anni '20 in tumulto: Trieste era infatti austriaca dalla nascita, ma italiana nel cuore dei suoi abitanti (oggi mi pare che sia proprio il contrario).

I tumulti del cuore e della città si fondono insieme creando una storia sofferta, che sembra sempre sul punto di spezzarsi e mai di poter raccogliere un sorriso. La narrazione viaggia su due livelli temporali: gli anni '20 dove Salvador e Edita sono giovani e vivono il loro amore nella clandestinità e nel perenne turbamento; e la fine degli anni '70, dove ritroviamo Salvador, rimasto vedovo di Edita, ma più convinto che mai a ripercorrere di nuovo i luoghi della giovinezza per andare incontro al perdono di se stesso, perchè responsabile di aver privato Edita di una parte importante della sua vita.

Ad accompagnarlo nel viaggio c'è Marina, una studentessa la cui vita felice e indipendente viene stravolta dalla notizia che è incinta. Cosa fare? Non è pronta per diventare donna e madre così presto. Il viaggio di Salvador diventerà così anche il suo. Scoprendo giorno dopo giorno le tessere del puzzle che hanno creato e completato la storia di Edita e Salvador, Marina ritroverà se stessa e conoscerà finalmente il significato dell'amore incondizionato che ha legato due persone per 50 anni nonostante il destino fosse loro avverso.

A raccontare è Salvador e poi Marina e poi di nuovo Salvador, poi Marina e anche una certa Olivia! E a tratti non si capisce chi stia dicendo cosa perchè le frasi si susseguono veloci senza alcuno stacco che faccia capire chi sta parlando.
Seguiamo Salvador negli anni '20, poi in quelli della sua vecchiaia, facendo avanti e indietro continuamente da un tempo all'altro perchè l'autrice vuole lasciare che il lettore scopra passato e presente solo alla fine. E così è in effetti.

La storia è molto romantica e triste, tanto che a un certo punto avrei voluto dare una pacca di incoraggiamento ai protagonisti, che a stento sorridono e si sentono in pace con se stessi. Ma questo lato inquieto è anche il bello del romanzo e un modo di far sentire il lettore perennemente in attesa, come se in agguato ci fosse sempre qualcosa di più pericoloso o dietro l'angolo si nasconda la catastrofe ultima.

Per quanto riguarda lo stile, quest'autrice non mi ha né infastidita né tanto meno impressionata. Sono abituata ad associare passione e coinvolgimento ai libri di autori spagnoli, ma in questo caso non è stato così e la narrazione l'ho sentita sempre un po' sottotono, come se scrivere di storie tristi avesse in qualche modo influenzato la scrittrice stessa perennemente afflitta. Questa è certamente solo una mia interpretazione, quindi non è detto che la lettura di questo libro sia così per tutti. Purtroppo, però, a distanza di giorni dalla lettura quella è la sensazione che mi è rimasta.

Ma è comunque un libro che consiglio, perchè la storia raccontata non è solo quella di Salvador e Edita ma anche quella di un'Italia che cambia e di un mondo ancora incosciente rispetto alla crudeltà umana, che di lì a poco si sarebbe palesata con la figura di Hitler e dello sterminio degli ebrei.

Buona continuazione di giornata..





















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