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lunedì 2 dicembre 2019

Recensione | L'ultima settimana di settembre di Lorenzo Licalzi



Pietro Rinaldi è uno scrittore ormai vecchio, vedovo, incurante degli altri, in conflitto con la vita. Decide quindi di uscire di scena a modo suo, suicidandosi, e lasciando ai suoi lettori una sorta di testamento letterario sotto forma di lettera. Preferisce finire i suoi giorni quando ancora è in grado di badare a se stesso e non aspettare la morte con le mani in mano magari finendo su una sedia a rotelle. Nel momento stabilito, quando sta per ingoiare il mix letale che lo ucciderà, suonano alla porta mandando all'aria il suo scrupoloso piano.

L'ultima settimana di Settembre, di Lorenzo Licalzi edito da Bur, è un viaggio fisico per portare il giovane Diego verso la sua nuova vita e Pietro, il vecchio scrittore inacidito, verso il destino che si è scelto. Ma è anche un viaggio emozionale di un nonno e di un nipote, che cominciano a conoscersi un po' tardi, quando troppe cose sono cambiate e troppi sono i rimpianti nel cuore. Eppure non è mai tardi per scoprire quanto la vita può ancora riservarci delle sorprese e delle belle giornate, che possono ridare il sorriso a chi ha perso tutto e la gioia di vivere a chi ha perso la speranza.


...con la mia presunzione di giudicare tutti stupidi, avevo giudicato un po' stupido anche Diego. Però in questi giorni di convivenza forzata, avevo capito che era un ragazzo in gamba, che sapeva osservare. Era ancora nel suo bozzolo, ma presto sarebbe diventato una farfalla, ne ero certo.

Finito di leggere il libro l'ho chiuso col dispiacere nel cuore. L'avventura con Pietro, Diego e il tenero cagnolone Sid era conclusa. Mi sarebbero mancati tantissimo. È stato bello viaggiare nella Dea senza il tettuccio, da Genova a Roma, con il vento tra i capelli, il sarcasmo pungente di Pietro, i silenzi imbarazzati tra nonno e nipote, i luoghi dei ricordi e l'insospettabile tenerezza che cresceva km dopo km.

Ho aspettato un po' prima di cominciare a leggere questo libro. Mi è stato consigliato da un'amica libraria, ma chi mi ha convinto maggiormente è stato il marito che con le parole davvero intenso ha dato una maggiore spinta, anche se in quel momento non mi trovavo in una fase da libro intenso. La curiosità però era tanta e alla fine è stata ben ripagata.

Ho riso molto, ho pianto e mi sono commossa. Basta questo per fare di un libro un piccolo capolavoro da leggere almeno una volta nella vita, da ricordare e consigliare. Ma è anche merito dello stile dell'autore se L'ultima settimana di settembre è quel che è. La penna di Lorenzo Licalzi mi è piaciuta immediatamente perché ha un modo di scrivere e di raccontare che cattura fin dalla prima pagina. Divertente, ironico, coinvolgente e imprevedibile sono gli ingredienti che mi hanno fatto innamorare di questa lettura. 

I personaggi sono unici e inimitabili, soprattutto Pietro, un uomo burbero, astioso e amareggiato da tutto ciò che lo circonda. I suoi dialoghi e le sue riflessioni sono argute, spiritose al limite dello sbellicarsi e brillanti.


Diciamo che non sopporto certe categorie di lettori... Intanto quelli che dicono che un libro gli ha cambiato la vita, e lo dicono convinti, perché se ti fai cambiare la vita da un libro sei un imbecille. Un libro al massimo può lasciare una traccia, ti può emozionare, far ridere, far piangere, ti ci puoi identificare...

L'ultima settimana di settembre è un romanzo di vita e di formazione. Sia a 80 anni, come Pietro, che a 15 come Diego si può imparare e si può cambiare. La vita non è mai facile, ma avere al proprio fianco le persone giuste farà diventare le difficoltà delle prove di crescita e di rinascita. 

Questo romanzo è una lettura adatta a tutti. Da leggere assolutamente, soprattutto in questo periodo dell'anno dove la bontà e il calore familiare dovrebbero essere i maggiori protagonisti! 

Titolo: L'ultima settimana di settembre
Autore: Lorenzo Licalzi
Editore: BUR
Pubblicato ad Agosto 2015
Genere: Narrativa italiana
Pagine: 300




L'abitudine è una brutta bestia, solo apparentemente mansueta: è una bestia che ti tira sempre nella stessa direzione e che spesso ti fa compiere scelte sbagliate o non ti fa vedere soluzioni a un problema che invece, magari, sarebbero a portata di mano. Perché l'abitudine cristallizza i nostri comportamenti e ci fa credere che un minimo scarto dal solco profondo che ha tracciato sia una cosa fuori dal mondo, perché il mondo diventa, per colpa dell'abitudine, soltanto quel solco dentro il quale ci fa camminare. p.143

sabato 13 febbraio 2016

Recensione: La casa per bambini speciali di Miss Peregrine

Care Lettrici e Lettori,
lo ammetto, ogni tanto ho voglia di farmela addosso e sentire brividi di paura lungo la schiena sentendo istintivamente di essere osservata da qualcosa di inspiegabile che sta acquattato alle mie spalle. Quando mi vengono queste bislacche "voglie", cerco un bel libro di paura che sappia darmi le giuste emozioni che cerco. Ovviamente sarebbe bello anche un bel film, di quelli che sappiano creare la giusta suspense senza sfociare in scene splatter e per nulla realistiche come fanno alcuni, ma il mio eroismo per ora si ferma alle scene raccontate, che sanno colpire l'immaginazione del lettore e plasmano attorno ad esso un mondo nuovo, che si delinea via via che le pagine scorrono.
Ecco, allora, che cercando sul web ho trovato una classifica dei Sette libri più spaventosi da leggere per Halloween, nella quale il più pauroso era La casa per bambini speciali di Miss Peregrine. Sarà vero?
In effetti, sulla copertina viene raffigurata una bambina un po' sinistra. Questa sensazione sarà data dall'effetto bianco/nero dell'immagine, che rievoca un passato misterioso e inquietante, o dall'ambientazione così cupa che stride con il ritratto di una bambina. Tuttavia, il nostro inconscio capta subito che c'è qualcosa che non quadra nella figura ma il nostro conscio, invece, fa fatica ad individuarla ad una prima occhiata. Avete capito a cosa mi riferisco? Io non ve lo dico!! Scopritelo da soli se no che gusto c'è!?

lunedì 1 febbraio 2016

Recensione: Scrivimi ancora


Buon lunedì a tutti,
come state? Vi state accorgendo che il tempo passa veloce e che il periodo natalizio è lontano già più di un mese?
Ogni tanto ci penso e mi chiedo se non stia buttando il tempo giù da un dirupo. In effetti penso che proprio questo sto facendo...sto sprecando la mia vita. Uno dei miei sogni nel cassetto sarebbe quello di viaggiare, ma non di hotel in hotel comodamente con l'aereo...no! Comprare un camper (decente ma niente di più così mi darebbe più l'idea di un'avventura), vivere là sopra con la mia famigliola, imboccare una strada e vivere alla giornata, esplorando il mondo (o giù di lì). Non certo per tutta la vita, ma 4 o 5 anni sarebbero l'ideale per vedere un bel po' di cose no?
Poi, finito l'entusiasmo di essere vagabondi senza fissa dimora, comprerei casa, arredata con tante belle cose prese un po' dappertutto, e divento una scrittrice famosa!!! ^_^
Vabbè, a parte fantasie varie, il libro che vi recensirò, e che immagino che molti di voi abbiano letto o visto come film, ha come oggetto principale proprio le occasioni perdute, la monotonia della vita, l'accontentarsi e gli sbagli. In fin dei conti racconta delle vite ordinarie con alti e bassi, pro e contro. Non ci sono supereroi o magie che mettono a posto la situazione. È la vita vera, incapace di dare la vera felicità ma capace di essere indimenticabile.

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