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mercoledì 7 novembre 2018

Come comincia... Vox di Christina Dalcher


Ripresa da non so quale buio cassetto della memoria di questo blog, la rubrica "Come comincia..." rivive di nuovo. Il motivo è che ho cominciato a leggere un libro surreale di cui poi vi darò la mia opinione quanto prima, ma che per adesso volevo solo darvene un assaggio. Il libro in questione, Vox, gira da un po' di tempo tra i blog e come sempre piace e non piace. Io sono all'inizio della lettura e non so ancora cosa pensare. Di certo non è un libro per stomaci deboli, nel senso che di pagina in pagina mi si accappona la pelle per la misoginia che traspare dlla società in cui è immersa la protagonista. Non c'è bisogno che vi dica oltre perché questo primo capitolo vi farà capire tutto! 
Buona lettura... spero!



***

1

Se qualcuno mi dicesse che in una settimana potrei far fuori il presidente, il Movimento per la Purezza e quell’incompetente pezzo di merda di Morgan LeBron, non gli crederei. Ma non potrei nemmeno contraddirlo. Non potrei dire niente.

   Sono diventata una donna di poche parole.

   Stasera, a cena, prima che pronunci le ultime sillabe della giornata, Patrick dà un colpetto al dispositivo argentato attorno al mio polso sinistro. Un tocco leggero, come per condividere il mio dolore, o forse per ricordarmi di rimanere in silenzio fino a mezzanotte, quando il contatore si resetterà. Questa magia si compirà mentre sarò già addormentata, e martedì ricomincerò da zero. Il contatore di mia figlia Sonia farà lo stesso.

   I miei figli maschi, invece, non hanno nulla al polso.

   A tavola chiacchierano della scuola, come sempre. Anche Sonia la frequenta, però non spreca nemmeno una parola per raccontare la sua giornata. Tra un boccone e l’altro dello stufato che ho preparato secondo la ricetta che so a memoria, Patrick la interroga sui suoi progressi in economia domestica, educazione fisica e nel nuovo corso di gestione familiare di base. È obbediente con gli insegnanti? Porterà a casa bei voti, questo quadrimestre? Sa quali sono le domande giuste da porle: quelle che richiedono soltanto un cenno del capo.

   Io osservo e ascolto tutto, mentre stringo i pugni così forte che mi rimangono i segni delle unghie sui palmi. Sonia annuisce quando serve e fa una smorfia quando i gemelli – che non capiscono l’importanza di farle domande cui può rispondere con un sì o con un no – le chiedono com’è l’insegnante, com’è la classe, qual è la sua materia preferita. Mi rifiuto di credere che lo facciano apposta, che la tormentino per costringerla a parlare. Ma a undici anni sono grandi abbastanza per capire. E hanno visto cosa succede, quando parliamo troppo.

   Sonia sposta lo sguardo da un fratello all’altro, le labbra tremanti, la punta rosa della lingua – una parte del corpo con un cervello suo, ondeggiante – che freme sui denti e sul labbro inferiore. Steven, il mio primogenito, le posa l’indice sulla bocca.

Potrei dirglielo io, quello che vogliono sapere: gli insegnanti sono tutti uomini, ora. Comunicazione a senso unico. Loro parlano. Le studentesse ascoltano. Mi costerebbe quindici parole.

   Me ne restano cinque.

   «Com’è il suo vocabolario?» mi chiede Patrick, poi riformula la frase. «Fa progressi?»

   Alzo le spalle. A sei anni, Sonia dovrebbe avere diecimila lessemi, un esercito formato da truppe che si raggruppano e si mettono sull’attenti, obbedendo agli ordini del suo cervello giovane e duttile. Dovrebbe avere, perché le tre competenze un tempo previste per la sua età – leggere, scrivere e far di conto – di questi tempi si sono ridotte a una: l’aritmetica elementare. Dopotutto, un giorno da mia figlia ci si aspetterà che sappia fare la spesa e gestire le faccende di casa, che sia una moglie devota e diligente, e per queste mansioni serve saper contare e non certo conoscere l’ortografia, né la letteratura. E non serve nemmeno avere una voce.

   «Sei tu l’esperta in linguistica cognitiva.» Patrick inizia a sparecchiare ed esorta Steven ad aiutarlo.

   «Ero.»

   «Sei.»

   Nonostante un intero anno di allenamento, le parole sgorgano prima che io possa fermarle: «Non. È. Vero».

   Patrick guarda il mio contatore compiere tre scatti e registrare le ultime battute. A ogni scatto ne percepisco la vibrazione sul polso, come il rimbombo minaccioso di un tamburo.

   «Basta così, Jean.»

   I ragazzi si scambiano sguardi preoccupati, perché sanno cosa succede se il contatore supera le tre cifre. Uno, zero, zero. Il numero che raggiungo quando dico l’ultima parola del giorno a mia figlia: «Buonanotte». Non ho ancora finito di muovere le labbra che gli occhi imploranti di Patrick incontrano i miei.

   Porto a letto Sonia. È diventata pesante, quasi troppo per essere presa in braccio, e devo tenerla con entrambe le braccia.

   Quando la infilo sotto le coperte, mi sorride. Come sempre, non c’è nessuna favola della buonanotte, niente Dora l’Esploratrice, Winnie the Pooh o Peter Coniglio e le sue disavventure nel giardino di Mr McGregor. È spaventoso pensare che tutto questo inizi a sembrarle normale. Per farla addormentare, le mormoro a bocca chiusa una canzone che parla di tordi e di caprette, visualizzandone le parole, immobili e mute, nella mente.

Patrick ci osserva dalla porta. Le sue spalle, un tempo larghe e forti, ora sono curve. La fronte è increspata da solchi profondi. Tutto in lui sembra sul punto di crollare.
Titolo: Vox
Autrice: Christina Dalcher
Casa Editrice Nord
Pagine: 321
Genere: Narrativa contemporanea
Pubblicato il 6 settembre 2018

***

All'inzio, ero indecisa se metterlo come post di Halloween, perché alla prima lettura di questo capitolo mi è venuto un grandissimo brivido lungo la schiena, come se avessi letto un romanzo terrificante alla Stephen King. Poi però ho deciso di trovargli una collocazione meno scenografica. 

Cosa ne pensate? Ha terrorizzato anche a voi questo primo capitolo?
Io sono rimasta inorridita e andando avanti vi assicuro che il sentimento non migliora!
Ho pensato anche di abbandonarlo. Il romanzo in sé è scritto bene ed è ricco di contenuti e spunti, ma ciò che viene raccontato mi inquieta e mi fa pensare "e se una cosa del genere succedessa a noi?" Non voglio neanche pensarci. 

6 commenti:

  1. Non so se farebbe per me, più che altro perché trattandosi di fantascienza distopica avrei preferito un libro in terza persona e non un racconto dove tutto dipende dalla protagonista.
    Secondo me blocca la scorrevolezza del racconto.
    Ciao!

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    1. Hai le idee chiare! Comunque capisco cosa dici. Mah non so ancora cosa dire di questo libro. Vorrei non averlo cominciato veramente!

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  2. Bella rubrica, hai fatto bene a riesumarla!
    Un abbraccio.

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    1. Grazie mi fa piacere che ti piaccia! Un abbraccio anche a te!

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  3. Non so se potrebbe piacermi!! Mi hanno detto è molto simile al Racconto dell'ancella, e se leggerò Vox penso proprio prima leggerò quello della Ardwich ☺

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    1. Ciao Gresi, io avevo cominciato a leggere il racconto dell'ancella e mi era piaciuto moltissimo. In effetti ho ripensato subito a quel romanzo quando ho cominciato questo, ma questo è più angosciante però!

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